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sabato 3 novembre 2018

SENSI di VIAGGIO XLVI: uscire da Petra, nel silenzio della notte


Scendiamo avvolti dal buio di quella serata magica. Firas e i suoi amici beduini fanno la strada mentre la nostra carovana turistica scende scrupolosa tra le rocce. Uno di loro apre la fila, tiene in mano il cellulare per fare luce con la torcia, dalle tasche della sua farua esce una cassa stereo che gracchia musica disco.
Potremmo pensare che rovini l'atmosfera, ma in realtà serve a darci quel po' di adrenalina necessaria a farci scendere tra quei passaggi di roccia.
Il secondo sta poco più avanti di me e di Firas, a un certo punto sentiamo un fruscio di foglie e non sappiamo come, ma lo vediamo sull'altra parete del piccolo canyon che stiamo scendendo.
Firas ride, capisce che sono shockata da quel balzo nel nulla notturno. "Monkey", scimmia, mi dice.
Quando raggiungiamo il tesoro ci guardiamo tra noi, consapevoli del privilegio di vederlo nella frescura della notte. É sorprendente pensare che sia lo stesso posto che di giorno è gremito di visitatori.
Percorriamo il siq per raggiungere la macchina con cui Faris ci porterà all'uscita. Trotterellando felici nel torpore delle nostre farue, la luna quasi piena a illuminare quel po' di strada deserta.
La "macchina" di Firas è un fuoristrada vecchio di trent'anni. Mi fa salire davanti e con un po' di malizia penso che sia un privilegio: il parabrezza non è più degno di questo nome. La brezza ce l' ho tutta in faccia, dato che è rotto per metà. Mentre Firas guida, mi sorride a 32 denti e mi dice "ultimo modello, fuoristrada con mezzo vetro per ammirare Petra più da vicino".
Percorriamo la strada, sobbalziamo. Gli chiedo di andare più a piano perché l'aria del deserto è davvero fastidiosa. Ma c'è un problema con ciò che rimane della friizione e ingranare le marce è ogni volta una sfida - oltre che un rumore assordante e una puzza di benzina bruciata.
A un certo punto la marcia non entra più, definitivamente più. La jeep comincia a sobbalzare, ad andare a strattoni, fino a spegnersi.
"Gasoline", mi dice. Non ci credo, non può essere finita la benzina. Penso che mi stia prendendo in giro ma capisco che non è così quando comincia a fare una serie di telefonate. Poi mi fa scendere e mi dice "andiamo incontro al mio amico, ci sta portando la benzina". Subito dopo dichiara che sapeva fin da subito di essere a secco ma che "nella loro cultura, i beduini non vogliono mai far vedere di avere un problema, almeno fino a quando non hanno una soluzione".
Lasciamo gli amici in macchina e iniziamo a camminare. Mi giro verso la jeep e l'ultima cosa che vedo spuntare nel buio della notte sono i piedi di uno degli amici di Firas appoggiati sul cruscotto attraverso il vetro.
Comodamente seduto sul sedile, si gode a gambe all'aria la sua sigaretta, facendo tesoro di quel vetro rotto che gli permette di distendersi così.



Io e Firas camminiamo almeno un km, è fresco ma non freddo. A un certo punto vediamo un pick-up scendere dal villaggio e avvicinarsi a noi. 
Prosegue senza caricarci, noi invertiamo la marcia e torniamo sui nostri passi. Quando arriviamo, troviamo uno degli amici di Firas che con una bottiglia fa il "pieno" alla jeep.


Si riparte, con lo stesso vento in faccia, su una strada sempre più dissestata. Quando arriviamo all'ingresso sappiamo di esserci guadagnati qualcosa. Salutiamo Firas, saremo di ritorno di lì a poche ore: vogliamo essere a Petra all'alba.
É quasi mezzanotte ma, una volta in albergo, è veramente difficile dormire.

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