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venerdì 31 agosto 2018

SENSI di VIAGGIO VII: le salite di Amman

"Sempre caro mi fu quest'ermo colle"...ehm, no, non esattamente.
Come già annunciato con una rivelazione shock, se in una città ci sono 20 colli e devi spostarti da uno all'altro, non dovrai solo scendere, ma anche e soprattutto salire.
Torniamo dunque alla mia assolata giornata di fine agosto - l'ennesima - per capire cosa succede se, oltre a sfidare la sorte camminando ad Amman, devi pure farlo in salita.
Finalmente giunto al limitare della discesa, il primo shock ce l'hai proprio davanti. Ti stai godendo quella che sembra essere una piazzuola quasi pianeggiante - un po' come quando noi montanari arriviamo finalmente al valico della montagna - e alzi lo sguardo: nella migliore delle ipotesi, ci sono dei gradini. Nella peggiore, la salita sterza subito in una curva a gomito che ti lascia giacere nell'ignoto: in cuor tuo, sai che è meglio, così puoi affrontare un problema alla volta.
Sali, e a consolarti ci sono solo i taxi che fanno fatica anche loro - ve l'ho detto, il cambio automatico è maledetto. E' caldo, "come in tutto il Medio Oriente", direte voi. In realtà, il clima ad Amman è piacevole perché è sempre ventilato, ma di certo tra i due muri di case che fiancheggiano la salita al colle non passa nemmeno un rivolo di vento. Non serve certo un urbanista per capire che, per rendere le strade più pianeggianti (???), gli Ammaniti le hanno costruite come serpentoni snodati parallelamente gli uni agli altri lungo tutta l'ampiezza del colle. Insomma, per farla breve, se anche ci fosse della brezza che scende dalla montagna, non filtra perchè le case fanno da barriera. Ovviamente, questo crea anche un altro inconveniente: le distanze si allungano di molto e anche se ti sembra di essere vicino a un posto, in realtà devi circumnavigare concentricamente il quartiere ancora per molti metri, prima di arrivarci.
A volte, a salvarti, ci sono delle scalinate magnifiche che tagliano i livelli, ma hanno una media di 100 scalini l'una.
Puoi anche fermarti a fare una pausa: io l'ho fatto solo una volta, per fare una foto al panorama. Un taxista, conoscendo la vanità tipica di noi occidentali, mi ha notata e ha insistito per farmela lui, la foto. Peccato che ho dovuto portargli il cellulare, perchè nella sua tranquillità mediorientale, se ne stava in panciolle dentro il suo taxi e sembrava molto eloquente nel farmi capire che non si sarebbe mosso di un cm - che poi, io la foto non la volevo nemmeno.
Le macchine, le bici e tutte le altre forme di disturbo al tuo arrancare si mischiano alla sopracitata calura. Ho l'impressione che qui il sole "picchi" ancora più forte - e forse non è un'impressione, ma una verità scientifica, dato che siamo più vicini all'equatore almeno di un parallelo.
Comincio ad avere le visioni, come per le oasi nel deserto: ho l'impressione che le case mi sorridano. 
Forse anche questa non è un'impressione, ma una verità scientifica 😏. Tutto può succedere ad Amman.

giovedì 30 agosto 2018

SENSI di VIAGGIO VI: camminare ad Amman

"Ad Amman è praticamente impossibile trovare una via dritta e pianeggiante" recita Lonely Planet. Come darle torto...
I famosi colli rendono l'affermazione quasi eufemistica.
Eppure non mi arrendo e sfido la sorte affidandomi a un'altra sacra Bibbia del turista: Google Maps.
Secondo Google Maps, ogni attrazione turistica sembra essere al massimo 2 chilometri da casa mia - avevo già fatto vanto di abitare in uno dei quartieri più "in" di Amman?
Quindi, perché non andare a piedi, così da avvolgermi nella vera vita Giordana?
Il problema è che la mia brillante accomodation si trova proprio al top del colle - a dirla tutta, "Jebel - جبل" in arabo significa "monte", ma da buona Valtellinese minimizzo, non sarà mica una montagna...
Così, essendo la mia partenza nel punto più alto, bisogna scendere dal colle...

Le macchine sfrecciano e mai frase fu più vera di "i Giordani usano il clacson per comunicare". I Giordani fanno un uso molto "polisemico" del clacson: noi di solito lo usiamo per insultare qualcuno, invece qua lo usano per dirti che puoi attraversare la strada, per ringraziare l'autista di fronte di averli lasciati passare, per invitarti a spostarti....
Ma l'uso più simpatico è un altro: siccome non è buona abitudine rispettare le precedenze o fermarsi allo stop, quando sono in prossimità di un incrocio, loro suonano, così da segnalare che stanno per buttarcisi in mezzo.

Insomma, penserete che questa è la colonna sonora dei pedoni di Amman, e invece no: sovrapponeteci il muezzin, il venditore di pomodori, quello di melanzane - che quando si incrociano amplificano la melodia - e avrete la soundtrack ufficiale!
In tutto questo devi dare retta ai bambini, che, come detto ieri, sono abbastanza impegnativi, e ai taxisti, che appena ti vedono intenta a fare una foto, ti fischiano per avere l'onore di scattartene una....
Camminare ad Amman non è semplice perché i marciapiedi, che pure ci sono, vengono costantemente occupati dai proprietari/affittuari/venditori limitrofi con le più improbabili cianfrusaglie: c'è un'incredibilmente elevata percentuale di antiquari, "restorer" e tappezzieri che cercano di riportare in vita pezzi di consumismo defunti almeno dai tempi di Kennedy.
Si aggiungano tutte le cose che possono improvvisamente penzolare sulla tua testa mentre cammini.


Penserete che, a questo punto, io possa essere arrivata alla mia meta, e invece no. Sono solo giunta in fondo al colle, tocca risalire su quello di fronte.
Ma anche questa è un'altra storia di Vita, che ovviamente ho deciso di ambientare in un'assolata giornata di fine agosto, in cui gli unici frequentatori di strade alle 3 di pomeriggio sono le lucertole e qualche vecchio incartapecorito dal sole. E io, naturalmente.😉
Un'altra storia, dicevamo, che si intitolerà: le salite di Amman ;)

mercoledì 29 agosto 2018

SENSI di VIAGGIO V: i bambini di Amman

Una voce mi chiama: "Hey, how are you?". Alzo lo sguardo, due minuscoli piedi penzolano da un terrazzo e mi salutano, ciondolando. Poi spunta la faccia di una bambina, che mi sorride e sembra prendersi gioco di me da quella insolita posizione di saluto. 
Dalla Cittadella, sto camminando in discesa verso l'Anfiteatro Romano ed è la prima volta che mi aggiro da sola per le strade di Amman. Difficile passare inosservata, anche se pensavo di essermi "mimetizzata" col mio assurdo turbante in testa. 
Ho l'impressione che tutte le persone che incontro mi guardino con curiosità, ma poi sorridono e così sono a mio agio anche io. Un uomo seduto fuori da una macelleria esordisce con un "long way, eh?", mi chiedo se sembro davvero così affaticata e fiaccata dal caldo.
La visuale da questo quartiere è avvolgente: ho la cittadella alle spalle e l'anfiteatro proprio di fronte, che con la sua forma ellittica cattura i miei occhi come nel gioco del Flipper. Uno stormo di uccelli mi distrae dal vortice, rimango incantata a guardare il panorama; nel frattempo, tutti i sensi si risvegliano, tra suoni, colori e una luce accecante che sembra volermi inchiodare su questo angolo di pianeta.


Le vie sono sconnesse, cammino in mezzo alla strada: una bambina dai capelli rossi mi saluta, se ne sta dietro l'inferriata di una finestra e mi chiede "Where are you from?". Fatico a credere che sia giordana, con quei capelli e la carnagione bianca come il latte. Invece sì, "I am Jordanian", afferma con aria timida ma risoluta. Una bambina più spavalda mi si piazza davanti, forse gelosa della sua amica alla finestra, vuole a tutti i costi dirmi il suo nome, "Lian", palesemente incurante di sentire il mio.
All'inizio dell'ennesima irta discesa,un gruppo di ragazzini mi viene incontro: il più piccolo di tutti, con aria spavalda, "one JD, please", vuole un dinaro giordano, e senza nemmeno presentarsi ;-)
Rispondo che non ne ho, ma stanno già camminando lontano.
In una piazzetta che si affaccia a mo' di balcone sulla città, quattro bambini giocano a calcio: la palla scappa e mentre uno di loro va a recuperarla, un altro mi sorride e dice "Welcome to Jordan!"



Finalmente arrivo all'anfiteatro, ma decido di non visitarlo. Sono cotta dal sole e preferisco respirare un po' di quest'atmosfera da "dopo-lavoro" che racchiude nella piazza antistante famiglie, gruppi di amiche e bambini, molti bambini.
Sembra il posto perfetto per ogni tipo di attività: qualcuno fa lunghe telefonate guardandosi intorno, le donne chiacchierano rumorose, ci sono delle ragazzine che vanno all'impazzata sui roller sfidando non solo la gravità, ma la tenuta di una pavimentazione che non sembra fatta apposta per loro.
Alcuni ragazzini vendono acqua ai margini della piazza, sembrano molto indaffarati e responsabili di questa danarosa attività per turisti 😉




Soprattutto, si gioca a calcio - come in ogni angolo del pianeta che si rispetti - e la palla è l'unica cosa che conta...I bambini la inseguono, incuranti dei turisti e dei passanti che vogliono attraversare la piazza per raggiungere l'ingresso del Foro. Andranno avanti molto, io mi siedo su una gradinata e li osservo, assorbo la loro energia nel turbinare degli schiamazzi. Respiro a pieni polmoni, incamero luci, colori e vitalità di una giornata che, pur al tramonto, sembra avere in serbo ancora molto per tutti gli abitanti di Amman.


martedì 28 agosto 2018

SENSI di VIAGGIO IV: tutti i nomi di Amman

L'arrivo a Jabal ElQala'a - جبل القلعه - è "stunning", come dicono gli inglesi: stupefacente. Questo è il colle più alto di Amman - 850 m s.l.m - e i miei propositi di venirci a piedi naufragano semplicemente leggendo la Lonely Planet: "la strada è in salita, all'andata sarebbe meglio prendere un taxi". Cedo.
Inerpicandoci sulla strada, la ripresa della macchina è lenta - maledetto cambio automatico! - ma la fatica del motore mi consente di guardarmi intorno e la mia vista si allunga man mano, a cercare il limitare di una città infinita: i colli si susseguono senza fine.
Ma lo spettacolo turistico è alle mie spalle e me ne accorgo solo quando, a spezzare l'atmosfera arsa dalla calura e da una luce accecante, il canto del muezzin mi invita a girarmiWadi Al Hidada - وادي الحدادة - è lo sfoggio di un nazionalismo che non teme rivali ALIAS la bandiera più alta al mondo. Impossibile non vederla: se ne sta lì dal 2003 e i colori sono così brillanti che mi convinco la cambino ogni giorno, se non fosse che è lunga 30 metri e si erge su un pilone di 126.8 metri.
I taxisti assolati in attesa dei turisti si stupiscono del mio stupore e ridono, offrendosi di farmi una foto.

             
     

L'enorme bandiera ha fatto cadere anche me, come tutti i turisti, nella morsa di un panorama mozzafiato, da cui è difficile staccarsi; ma come avevo anticipato sul tramonto del giorno passato, la mia destinazione è un'altra: la Cittadella.

Come tutte le cittadelle, è facile capire che questa è la parte più antica della città, ma ad Amman la Cittadella mi incuriosisce per un altro motivo: ha cambiato nome almeno 4 volte, nella sua pur breve storia - pare sia stata fondata nel 1800 a.C. - perchè è stata invasa e conquistata da tutti i principali popoli della Storia, insomma, da tutti quelli che compaiono nella storia scolastica ;-)
Eppure, la cosa mi fa sorridere: quante volte in questi mesi ho dovuto localizzare, a chi mi chiedeva la mia prossima destinazione, non solo Amman, ma proprio tutto lo Stato Nazione - sconosciuto ai più?

lunedì 27 agosto 2018

SENSI di VIAGGIO III: day 1 a JABAL el WEIBDEH

La bolla, quella fatta scoppiare dai taxisti molesti, torna ad avvolgermi non appena poggio le valigie e trovo un letto fatto ad aspettarmi.
Chiudo gli occhi e tutti i rumori della giornata cominciano a suonare all'impazzata dentro la mia testa, una cacofonia circolare che sembra non trovare fine. Eppure, in qualche modo, so che per trovare finalmente pace devo riesumare tutti i caos della giornata appena trascorsa: clacson nel traffico di una Valtellina congestionata, ultime parole di saluto e qualche lacrima che fa rumore pure lei. Annunci all'aeroporto, gate che cambiano, ritardi annunciati. Bambini urlanti nel maledetto destino dei posti assegnati, accenti napoletani che si stagliano nella confusione. Metal detector, "water no, lady, water no" degli addetti aeroportuali, "passport!", "glasses-off-please" allo scanner per il visto.
Capite che il silenzio di un'enorme casa vuota, tutta per te, fa più rumore di tutto questo.
Finalmente il cervello, o quello che ne rimane, trova pace. Nel torpore di un sonno tanto desiderato, nella rassicurante morbidezza di un letto che si sostituisce ai sedili dell'aereo, il relax....
e invece no! perchè puntuale come un orologio svizzero - l'unica cosa svizzera che possa esserci in questo paese - il muezzin canta il richiamo delle 5.
Mi giro e rigiro, ormai è mattina e la luce comincia a filtrare dalle tende. Inizia così l'Odissea di un sonno spezzato.
Entro nella vita vera che è già mezzogiorno.
Jabal ElWeibedh - colle ElWeibedh, جبل الويبة - è parecchio accogliente e in cuor mio so che posso farmi vanto del fatto che questa sarà la mia casa per i prossimi tre mesi: negozietti, locali, ristoranti...molto vivo.
E' un quartiere centrale, pieno di stranieri - o di expat? - che ha ceduto anch'esso, come quasi tutta la città, alle mode occidentali - sulla facciata del palazzo di fronte campeggia l'insegna "UBER", al primo incrocio c'è un sushi e poco più avanti un supermarket gigante. Tuttavia, mantiene architettura, usanze e "schiamazzi" tipici del luogo, perchè i locali che sono nati qui resistono e non cercano certo di mimetizzarsi.
La mia traversa è quasi tranquilla - questo perchè il resto della città è congestionato dal traffico - e i marciapiedi sono mediamente "invitanti". Nella traversa successiva, c'è la rassicurante ambasciata italiana ;-)
Basta fare un giretto nei dintorni per comprendere che Amman è tutt'altro che un posto facile in cui muoversi: come Roma, fu costruita intorno a sette colli, anche se oggi ne ha inglobati più di 20. Così, è tutto subito un sali scendi di vicoli e scalinate.
Le mie colonne di Ercole, per oggi, sono state Paris Circle -"duar Paris", دوار باريس  - una rotonda al limitare del colle che sarà il mio punto di riferimento nei prossimi mesi. Più che il mio, quello dei taxisti, dato che i nomi delle vie sono stati introdotti poco tempo fa e nessuno li conosce!
Da qui, tuttavia, si gode di una vista mozzafiato sulla città e sui colli che mi trovo di fronte. Una distesa infinita di edifici color avorio si susseguono ininterrotti fino allo stagliarsi delle rovine della Cittadella: faccio qualche foto e medito sul percorso. Quella sarà la prima meta per esplorare la città. Domani, perchè le ombre già si distendono e i bambini giocano a Duar Paris.



*** Il mio diario, sempre che riuscirò a scriverlo con una frequenza decente anche quando l'entusiasmo dell'arrivo sarà scemato, sarà sempre sfalsato di un giorno indietro. Questo per spiegare, a chi mi segue su altri social, la discrepanza di attività 😊




domenica 26 agosto 2018

SENSI di VIAGGIO II: Arrivo ad Amman

Taxi, t-a-x-i, T-A-X-Y!
Il mio arrivo ad Amman è un po' traumatico: sono le 2 di notte (o del mattino?) e mi sento in una bolla. Sull'aereo Atene-Amman mi sono addormentata come il 90% dei passeggeri e anche se l'atterraggio è stato soffice e dolce, il risveglio è traumatico - forse che, dopo anni di Ryanair, lo shock sia stato proprio dato da un atterraggio così silenzioso?
Devo ancora recuperare le valigie - sì perché, a proposito di Ryanair, ad Atene mi hanno imbarcato anche il bagaglio a mano: il volo era pieno.
Ma prima devo fare il visto: una proforma, eppure l'agente di polizia che ti registra - si, registra: nome, cognome, passaporto, indirizzo di residenza in Giordania - non è esattamente la prima persona con cui vorresti avere a che fare in un nuovo paese.
La parte più difficile, però, è lo scanner dell'iride (almeno, questo penso che fosse dato che non riuscivo nemmeno a tenere gli occhi aperti).
Timbro, francobollo and Welcome to the Hashemite Kingdom of Jordan.

 Taxi, t-a-x-i, T-A-X-Y! è la sequenza di suoni che mi catapulta nella realtà.
I driver che si accalcano per strappare una corsa fino in città fanno scoppiare la bolla in cui la stanchezza mi chiude. 
Sento come un BOOM interiore: sono arrivata, finalmente.
Il mio driver mi individua e si fa avanti per sottrarmi alla mischia dei suoi colleghi.
Fuori dall'aeroporto l'aria è frizzantina, niente a che vedere con le aspettative da deserto.
Salgo sulla Toyota Corolla - basterà il secondo giorno per capire che questa è la vettura nazionale - e via.
Ora ho gli occhi giganteschi, come quelli di un gatto al buio. La terra che mi accoglie è una distesa immensa, illuminata dalla luna piena. 
Le autostrade sono enormi strade a 4 corsie, illuminate a giorno. Ai lati, ogni tot di chilometri, sventolato le bandiere della Monarchia Hashemita: sono sempre 7 o 8, in fila, nel caso non dovessi notarne solo una...
Mezz'ora, poi individuo Amman, sparsa a vista d'occhio nelle sue luci arancio che vedevo dall'aereo. 
Il sogno, forse, comincia a farsi realtà. Eppure ora sono sveglia, anzi, sveglissima.

www.citiestips.com

venerdì 24 agosto 2018

SENSI di VIAGGIO I - Prepararsi alla partenza

"Pensare il viaggio significa veder scorrere davanti al proprio occhio interiore una metafora di paesaggio. Stando fermi, come davanti a uno schermo. Si è registi e spettatori di quel viaggio, non attori. Spostarsi fisicamente, questo fa la differenza" - Marco Aime, Sensi di Viaggio.

 Chi mi conosce sa, forse suo malgrado, che è veramente tanto tempo che pianifico questo viaggio, sicuramente da più di un anno. Eppure, in questi giorni di concitazione e paure, mi è capitato più volte di faticare a trovare un senso, anche uno solo.
La paura dell'ignoto ha sempre una forza annientante, pur nella consapevolezza di aver preparato tutto nei minimi dettagli; così, mi sono ritrovata incredula a pensare alla partenza, a realizzare che fosse così vicina, vera e concreta.
Allora ho fatto un respiro profondo, ho provato ad annullare tutto e a partire con un viaggio interiore alla ricerca dei "sensi" che in questi anni si sono accumulati per costruire questa partenza.
 E' molto lontano il primo ricordo che ho di aver pensato che la Giordania mi ispirava molto come paese: sicuramente avrò visto qualche documentario su Petra e ne sarò rimasta affascinata. - senso di viaggio n°1.
 Poi lo studio dell'Arabo e l'avvicinarsi con libri, lezioni e incontri alla cultura di quell'angolo di mondo, con l'inevitabile pulsione interna di andarci per davvero - senso di viaggio n°2.
 Quando mi sono iscritta alla magistrale ho subito pensato che mi sarebbe piaciuto partire ancora, ma questa volta per andare in un posto davvero diverso: in fondo, l'antropologo ha bisogno di stupirsi e di rimanere anche un po' disorientato se vuole fare davvero il suo lavoro, che poi si riduce a generare tante domande e a trovare almeno qualche risposta - senso di viaggio n°3.
 Un po' per esclusione di paesi geopoliticamente bollenti, un po' sull'onda di questo fascino per il Medio Oriente, ho deciso "di pancia" che la Giordania sarebbe stato il mio obiettivo. senso di viaggio n°4.

 Sebastião Salgado, da Exodus.
Il percorso fin qui è stato lungo, non solo nel tempo, ma soprattutto negli step necessari a realizzare questa partenza: bandi ritardatari, applications titubanti, proposte di ricerca in lingua inglese riscritte mille volte, partnership da siglare, uffici sordomuti, dozzine di mail, contatti, rifiuti, incomprensioni, revisioni delle suddette applications, strutturazione "organica" del progetto di ricerca, bibliografie, prenotazioni, voli, vaccini...e chi più ne ha più ne metta.

Così, eccoci qui, a meno di 24 ore dalla partenza, con Aegean che mi spamma di email per ricordarmi del volo e con un'unica consapevolezza: il viaggio sarà sicuramente più rilassante dei preparativi, nonchè notevolmente più limitato in termini di tempo - soli 3 mesi.

E allora, nella fatica di questa partenza, una voce interiore mi dice che i sensi del mio viaggio non possono essere solo questi, così pragmatici e forse anche un po' rudi.

Come per tutti i viaggi, ho voglia di scoprire posti nuovi, di incontrare persone diverse che vivono, mangiano, parlano e salutano in modo diverso. Ho voglia di riattivare la mia modalità "devo-vedere-ogni-angolo-di-questo-paese", ho voglia di fare cose nuove, di farmi domande - ecco, questo giusto perchè dovrei scrivere una tesi di laurea... 😮
Ho voglia di spezzare dall'ordinario, di prendermi del tempo per stare con me stessa, di dedicarmi a qualcosa di totalmente differente e, credo, irripetibile. 
Dicono che viaggiare è un modo per incontrare se stessi, chissà se mi piacerà 😉
Ho voglia di stupirmi, meravigliarmi nel negativo e nel positivo, ho voglia di adattarmi, scontrarmi con le abitudini del posto, piegarmi alla differenza fino ad accettarla.
Ho voglia anche di quelle componenti un po' melanconiche di un viaggio: di annoiarmi in un posto lontano, di sentirmi sola lontana da casa, di avere nostalgia delle mie abitudini.

Così, quanti sensi di viaggio....

Ma poi, cos'è un senso? "Voglio trovare un senso..." cantava Vasco, ma che cos'è il senso?
E' incredibile come nella nostra quotidianità ci siamo allontanati così tanto dal primo senso della parola senso - mi scusino il gioco di parole. Da quello più pratico, materiale, tangibile.
Quello che passa attraverso i sensi, quelli lì, che ci insegnano a scuola- vista, udito, tatto, gusto e olfatto.
Ogni sensazione, che secondo me è pure una parola bellissima, è uno stato di coscienza prodotto da un senso, esterno o interno che sia.
Così, attraverso i sensi, tutto il mio viaggio assume un senso - anzi, ne assume parecchi: tutto, ogni scelta, ogni arrabbiatura o delusione sono state, col senno di poi, delle sensazioni fortissime e insostituibili quanto necessarie. 
Ho visto e udito tante cose sulla Giordania, molte altre spero di gustarle, annusarle e toccarle.
Ma soprattutto, questo senso interno che abbiamo nella pancia e che ci fa agitare, emozionare, spaventare, questo spero che sia attivo più che mai nei prossimi tre mesi. 

Mi sento di essere stata un po' contorta e, senza offesa per la categoria, un tantino new age.

Eppure Aime, che oltre ad essere un grande antropologo è soprattutto un gran viaggiatore, mi ha fatto tornare a questa dimensione ancestrale del Vivere ricordandoci di dare retta ai SENSI. 
Spero che in ogni giorno di questo percorso giordano troverò un nuovo Senso di Viaggio che, spostandomi, mi permetta davvero di "fare la differenza".
Che, soprattutto, mi permetta di essere attrice e interprete di un viaggio che al momento è solo metafora, e scorre sullo schermo del mio - e vostro - PC.

"Pensare il viaggio significa veder scorrere davanti al proprio occhio interiore una metafora di paesaggio. Stando fermi, come davanti a uno schermo. Si è registi e spettatori di quel viaggio, non attori. Spostarsi fisicamente, questo fa la differenza" - Marco Aime, Sensi di Viaggio.


 Sebastião Salgado, da Exodus.