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sabato 13 ottobre 2018

SENSI di VIAGGIO XXXIX: escursioni - tranquille - in un Wadi...

"E' come il Wadi Mujib, ma senza corde".
Con questa frase incoraggiante, il mio amico Faris mi recluta per l'escursione del weekend. Quando capisce di avermi persa, le prova tutte per farmi cambiare idea e tornare sui miei passi, promettendo assistenza tecnica costante, andatura lenta, attrezzatura efficace. Soprattutto, assicura che ci sarà lui, con la solita galanteria superba dei ragazzi mediorientali 😉.
Di stare ad Amman proprio non ne ho voglia, quindi accetto la sfida: in fondo, Faris ha detto che il Wadi - Valle - è asciutto e nella mia mente l'assenza di acqua compensa l'assenza di corde. 
Partiamo con tempi biblici: alle 11 siamo ancora ad Amman a rifocillarci di manakish - rifocillarsi prima di partire è una trovata geniale. 
Come al solito, finestrini abbassati, musica a palla e una delle playlist più assurde di sempre per accontentare 4 ragazze nell'alternanza Italia, Germania, Francia.
Siamo così sovraeccitati e carichi di zuccheri che al posto di blocco sulla strada del Mar Morto la polizia ci perquisisce la macchina: evidentemente, le nostre facce non erano molto convincenti. Io sono l'unica europea che ha il passaporto con sè e c'è un attimo di panico, ma poi arriva un poliziotto imberbe che ci lascia proseguire con un sorriso - ovviamente senza motivo. 
Il Mar Morto si apre sulla destra, poco dopo parcheggiamo e iniziamo a inoltrarci nel Wadi, senza ben sapere cosa ci aspetta. Una delle ragazze dice di aver letto che ci vogliono 7 ore per raggiungere le cascate finali, ma preferisco pensare che si sia sbagliata. Soprattutto, è l'una, il sole è infernale e siamo dannatamente in ritardo per un trekking del genere. Lascio perdere e decido di godermi quello che sarà. 
Non mi sono ancora abituata a questo concetto di valle, con le rocce rosse e una verticalità geometrica che si estende verso l'interno della regione senza una fine apparente. E' un caldo assurdo, ci sono almeno 35 gradi, l'atmosfera inizialmente è desertica.













Man mano che ci inoltriamo, però, il panorama cambia: cominciamo a trovare dell'acqua e le pareti delle "montagne" si stringono a creare un po' d'ombra. 
Il bello di questi Wadi è che non ti puoi perdere: devi semplicemente risalire il fiumiciattolo - che c'è! altro che "asciutto" - fino a quando non puoi più proseguire. 
Al sentiero tra i sassi, si alternano delle rocce più grandi che dobbiamo "scalare": io rimango in coda al gruppo, intenta a scattare la mia incommensurabile mole di fotografie. Le altre ragazze esplorano il percorso, cercando la via tra i massi che sembra più facile da arrampicare: hanno un passo sicuro e spedito, Faris invece continua a girarsi e a chiedermi "do you need help?" - "hai bisogno d'aiuto?".
Tutta la mia boria da presunta montanara [femminista] è affogata - ancora una volta - in quel Wadi, ogni volta che ho detto "yes, thanks" e ho ceduto all'irresistibile confort di una mano tesa che pende dall'alto.









































L'escursione è bellissima, non so dove guardare: il paesaggio desertico lascia spazio al rigoglio delle piante che circondano il letto del fiumiciattolo: c'è del muschio, ci sono un sacco di arbusti e delle piante grasse. Non cediamo alla tentazione di mantenere le scarpe illese e dopo mezz'oretta decidiamo che possiamo anche camminare dentro al fiume, godendo di quella frescura che sale dai piedi.

Incontriamo dei pastori, evidentemente stupiti dalla nostra presenza: il luogo è ameno, ma pare che sia poco gettonato. Faris dice sarcastico che i giordani non vengono qui perchè non possono venire in macchina. La conseguenza è che questo è il posto più pulito che io abbia visto in Giordania.


Camminiamo, camminiamo, nella continua alternanza pianura - scalata tra le rocce - pianura - scalata tra le rocce. Man mano che ci addentriamo, il fiume si ingrossa e la pressione dell'acqua tra i sassi cresce. A volte dobbiamo strisciare e arrampicare in dei passaggi stretti e bisogna davvero stare attenti a trovare una buona presa per piedi e mani, ma nulla è paragonabile al Wadi Mujib. Sento di aver fatto bene a fidarmi di Faris.
Sono intenta a guardare delle strane rocce - definitivamente: le rocce più strane che io abbia mai visto - e penso a tutti gli strati di sabbia e di sassi e di acqua e di sole che si sono depositati in questa valle e al loro immenso lavoro per creare questa varietà. Ci sono rocce lisce, altre frastagliate. Su alcune si possono vedere degli strani disegni che ti suggeriscono una marmellata di sassi compattati e schiacciati dalla forza della natura. 

















In questo momento poetico, Faris mi fa un urlo: c'è un animale stranissimo attaccato a un sasso nel fiume. Siamo lontani, non vediamo bene, ma sembra una stella marina. Ovviamente, quando mi dice "starfish" penso a quanto sia scemo credere che ci siano stelle marine qui. Infatti: è un granchio - il che non è meno strano, almeno ai miei occhi. Da quel momento, continuiamo a vedere granchietti che cercano di trovare riparo al nostro trambusto.
Nel percorso, troveremo anche delle rane anomale, grandi quanto un gatto, e delle libellule rosso fuoco. 






Penso a quanto sia assurdo che questa non sia un'area protetta, ma immediatamente realizzo che è meglio così: se lo fosse, sarebbe dannatamente contaminata e sporca.
I sassi a volte si incastrano tra loro: troviamo le prime cascate - dovrebbero essere tre in totale - e poco dopo le seconde. Ci fermiamo a fare i selfie di rito e a rimpizzarci dei manakish avanzati. Forse per mascherare che cominciamo ad essere stanchi, iniziamo a cantare "Ana la lilu" - uno dei must motivazionali giordani. 


















Ma quando realizziamo che sono già le cinque e che il Mar Morto potrebbe offrirci un bel bagno "rinfrescante", desistiamo e decidiamo di tornare indietro, rinunciando alle terze cascate. Faris, che diceva di esserci già stato in precedenza, assicura che potrebbero volerci altre 3 ore per raggiungerle.
E così, sotto il sole cocente, coi piedi bagnati e i pantaloni - di tutti! - rotti dalle rocce, torniamo verso la foce. Le bottiglie di acqua ghiacciata ancora lasciano andare goccioline pungenti sulle nostre schiene, gli uccelli svolazzano liberi sulle nostre teste. Faris si ferma a pregare e noi 4 rimaniamo lì, su 4 pietre diverse, ad aspettarlo, ammirandolo per la sua dedizione e per quella fede penetrante e pervasiva che non lo abbandona mai, nemmeno in un Wadi. Stende a terra la sua kefiah rossa e bianca e subito trova la concentrazione che gli serve. 
Camminiamo lenti, verso la macchina. Il sole comincia a calare, il mare comincia ad avvicinarsi.
Ma il mio primo bagno nel mar Morto è definitivamente un'altra storia.

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