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lunedì 31 ottobre 2016

FILE di LIBRI o LIBRI di FILI?

  Vogliamo qui proporre un compendio di libri per l'infanzia (ma perchè no? anche per adulti) che sono percorsi da uno o più fili. Non è importante se questo filo è concreto o esiste solo nella realtà della narrazione: ci interessa creare un "catalogo" attraverso il quale comparare i diversi tipi di narrazioni e di messaggi che si possono costruire attraverso il tema dei fili e, soprattutto, dedurne le valenze comunicative ed educative.

Hai in mente qualcosa che per ora non compare tra i titoli qua sotto? Scrivici :)




Iniziamo con un semplice assunto: un filo può essere tante cose. 
IL FILO ROSSO, di Francesco Pittau e Bernadette Gervais, è un filo che “si srotola piano piano dal suo gomitolo” e che ci invita a seguirlo. Tra diverse forme, orientamenti, direzioni e... garbugli, ci permette di scoprire la natura cangiante e flessibile del filo, che può modificarsi e cambiare fino a diventare molte cose...
EDIZIONE: Castoro, 2005.






Un altro filo che si srotola e che ci cattura nella magia del suo dispiegamento è quello del bellissimo leporello double-face SUR LE FIL di Ilaria Demonti: un filo che diventa una traccia, una scia, una fune, un cavo, una linea, tutti accomunati dalla volontà di estrarre fili dall'enorme varietà d'usi del nostro quotidiano e di riportarli alla nostra attenzione.




EDIZIONE: Lirabelle, 2014.

L'idea del Filo rosso, o del fil rouge per dirla alla francese, è un'espressione che per antonomasia indica un legame che unisce fatti, circostanze o oggetti: deve la sua fortuna a Goethe, che lo usò in Le affinità elettive come esemplificazione dei legami che più o meno casualmente nascono tra le persone. Ma come espressione ha un origine molto più lontana e, per certi versi, molto più pratica: è legata infatti alla tradizione marinaresca, in quanto per districare le gomene di una nave si seguiva un filo rosso che rendeva possibile separare l'una dall'altra le corde aggrovigliate. 


                                      
È questa l'idea della collana FILO ROSSO di Artebambini: sia in LA CITTA' che in IL GATTO E LA LIBELLULA un cordoncino rosso accompagna la narrazione, perdendo flessibilmente la sua identità primaria e svolgendo molte altre funzioni.

Artebambini, 2014.

Artebambini, 2014.
In LA CITTA', la narrazione diventa ancora più interessante, giocandosi tra luci e ombre, tra contrasti cromatici, tra Negativi-Positivi, come direbbe Bruno Munari: c'è una possibilità di double-focus, in cui l'importanza degli sfondi, dei posizionamenti e delle sovrapposizioni è ciò che col filo guida una storia priva di parole. Il cordoncino che lo attraversa costituisce una sorta di facilitazione all'opera di uno story-making obbligato, dato che le parole “leggere sono volate via la prima volta che il libro è stato aperto” e delle immagini non resta che l'ombra.



PER FILO E PER SEGNO, di Luisa Mattia e Vittoria Facchini.
Silvia, divoratrice di storie, sapeva che ognuno aveva qualcosa da raccontare; sperava che giovani, vecchi e bambine passassero sulla sua via per raccontarle un nuovo aneddoto, un'avventura speciale. Un giorno però si rese conto che le storie erano troppe da ricordare e cominciò a collezionare i fili persi della sarta del paese, per pescare nuove storie con l'ausilio di questa rete. I fili si intrecciavano e si intrecciavano le storie, ma lei sapeva che, leggendo i racconti a bambine e bambini, ognuno di quei piccoli fili avrebbe richiamato alla sua memoria qualcosa...

 
EDIZIONE: Donzelli, 2012.

Allora il filo diventa simbolo di qualcosa, come FILO, protagonista del libro di Fabio De Poli e Andrea Rauch: egli è simbolo di un bambino spaurito, che ha paura del diverso, che teme l'ignoto; soprattutto, come un bambino, cerca la sua identità: è il cordone di un aquilone, è un filo di nuvole bianche, è un filo di tè che esce dalla teiera... Ma è sempre Filo.

EDIZIONE: La Biblioteca Junior, 2008.

A volte il filo decide di essere semplicemente un filo, un filo da non perdere. NON PERDERE IL FILO, di William Wondriska è la storia di un filo leggero e sottile, che circonda, lega, allaccia, costringe, annodata i protagonisti della storia. Perchè? Beh, questo lo scoprirete solo in fondo al libro ;)



EDIZIONE: Corraini, 2010.

"Dappertutto ci sono fili.
I fili sono diversi, come sono diverse le persone.
Possono essere sottili e forti, leggeri e robusti.
Certi fili si chiamano legami.
Sono invisibili ma molto tenaci.
Le strade sono fili che uniscono le persone.
Ci sono fili che è bello seguire
per scoprire che cosa c'è in fondo...”


FILI, di Beatrice Masini e illustrato da Mara Cerri è un libro soffice e ovattato. I fili passano di mano in mano, legando una bambina distratta a un bambino impaziente e il bambino impaziente all'uomo dei braccialetti e l'uomo dei braccialetti a un povero venditore di braccialetti. I fili vengono abbandonati e poi raccolti, smarriti e ritrovati, intrecciati e sbrogliati. La forte magia di legami nascosti tra protagonisti inconsapevoli che senza saperlo lasciano qualcosa l'uno all'altro.


EDIZIONE: Arka, 2004.

Lo stesso succede per il piccolo protagonista di C'E' UN FILO, di Manuela Monari e Brunella Baldi, che pian piano, esperienza dopo esperienza, osservazione dopo osservazione, assume consapevolezza della presenza di un filo che lega tutte le cose “unisce me alla mamma, me e la mamma al papà. Noi alla nostra casa, la casa alle altre case”. A sua detta è “una specie di ago trasparente che cuce insieme tutto”, ma qual è il suo nome? Per la mamma sia chiama Amore, per il papà RAGIONE, per la maestra VERITA': non possiamo saperlo, sappiamo solo che “se mi perdo mi riattacco al filo e, op, mi ritrovo. È che tutto è come deve essere”.



EDIZIONI: San Paolo, 2010.

Un altro libro che narra di passaggi e di scambi, con la delicata purezza di un bambino è IL FILO ROSSO, raccontato da Anne-Gaëlle Balpe e illustrato da Eve Tharlet.
Felicino conserva un filo rosso che si è staccato dalla testa di una bambola: per lui è come se fosse un grande tesoro. Nel suo cammino, però, gli viene chiesto di separarsene e di concederlo a un piccolo uccellino che lo utilizzerà per il suo nido. Una piccola grande prova per diventare adulti e per capire l'importanza della generosità e dell'aiuto. Il buon cuore di Felicino verrà ricompensato con altri doni, finchè il filo rosso tornerà da lui.

è molto più di quello che pensi! […] Questo filo ha reso felice un uccellino, ha permesso a una formica di tornare a casa e, tra poco, sazierà dei cuccioli affamati...”.




Ecco qui uno dei miei libri preferiti, l'unico, forse, in cui il protagonista è un filo, pur senza essere nominato. IO ASPETTO, di Serge Bloch e Davide Calì, è la storia della vita. Sì, della vita: non di una vita. Perchè narra i grandi momenti, tristi e felici, attraverso cui tutti noi passiamo e che in un certo senso ci uniscono. Un nuovo nato in famiglia, le feste di compleanno, i regali sotto gli alberi a Natale: le cose che tutti aspettiamo con trepidazione e che, nel bene e nel male, ci fanno sentire vivi.


Se si costruisse la casa della felicità, la stanza più grande sarebbe la sala d’attesa” - Jules Renard.


EDIZIONE: Kite, 2015.

Ma a volte sono i libri più semplici che riservano una sorpresa...
Tra i Prelibri di Munari spunta qualcosa...


Spunta qualcosa proprio dal numero 1...

EDIZIONE: Corraini, 2016.

La storia di fili continua...

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martedì 30 agosto 2016

Vorremmo IncontrArti :)

Il progetto IncontrArti è un progetto educativo di carattere interculturale, che si propone di favorire l’integrazione tra bambini provenienti da culture differenti attraverso le potenzialità dell’arte.


Il nostro obiettivo è quello di stimolare i bambini alla ricerca di canali di comunicazione e confronto alternativi al linguaggio verbale, che superino la barriera linguistica e si propongano come linguaggio universale. Per questo crediamo nel grande valore delle immagini e del linguaggio visuale che, per quanto possano essere culturalmente influenzate, sono naturalmente affrancate da qualsiasi sistema di simboli o lettere elaborati dall’uomo. Si può parlare per immagini, dunque, ma anche per gesti, per movimenti, per melodie, per silenzi. Non è questo ciò che oggi chiamano multimediale?

Supplemento al dizionario italiano.
Bruno Munari, 2008.
A questa comunicazione alternativa si accompagna una profonda riscoperta del nostro percepire, che non si affidi solo al primato della vista ma che impari a “sentire” anche con le mani, con le orecchie, con il naso, con la bocca e soprattutto con il cuore. Amiamo la sinestesia ovvero l’unione di percezioni, emozioni, informazioni che esponenzializza la nostra conoscenza del mondo e il nostro sentirci vivi.
Tutto ciò su cui investiamo fa già parte del bagaglio che ognuno di noi ha fin dalla nascita: la creatività, che molti dicono di non avere, è in realtà una facoltà mentale innata che ci aiuta a organizzare le informazioni. Con le nostre proposte vogliamo togliere un po’ di polvere a quegli ingranaggi arrugginiti e rimetterli in funzione per tornare a vedere la realtà da un nuovo punto di vista, come quando eravamo bambini, a guardare e interpretare le cose oltre le conoscenze precostituite, a pensare in modo alternativo e divergente. Se ragioniamo in modo laterale ci accorgeremo che ci sono modi nuovi, sorprendenti e incredibilmente più efficienti per risolvere i problemi di ogni giorno.

E allora anche il diverso non verrà più visto con diffidenza e preconcetto, ma come immenso portatore di esperienze e conoscenze, di stimoli e di curiosità.

Pennellessa.
Pennello con treccine.
Bruno Munari, 1970.

PER CHI

Per ora, ci rivolgiamo a bambini di tutte le età, elaborando percorsi mirati e differenziati per le diverse fasce: dai bambini di 3 anni a quelli di 10 anni.
Potenzialmente, però, il progetto potrebbe evolvere e proporsi a tutti, ma proprio a tutti!

COSA

Proponiamo attività di riflessione guidata su temi trasversali a quello dell’intercultura - tra i tanti, l’identità, i luoghi, i colori delle emozioni, gli oggetti artigiani – attraverso la presentazione di materiali attinenti di diversa natura, proprio per incoraggiare un approccio multimediale: libri, albi illustrati, graphic novels, leporelli, illustrazioni, immagini, mappe, fotografie, musica, cinema.

Predisponiamo per ogni incontro un’attività di laboratorio sul tema, in cui i bambini possano dare forma e colore alle loro impressioni e trovare adeguata rielaborazione delle loro riflessioni.

Attività di riflessione guidata durante il progetto IncontrArti,
Biblioteca civica "Paolo e Paola Maria Arcari", Tirano
COME

Crediamo nel forte valore della regola perché, come diceva Bruno Munari:

«La regola, da sola è monotona, il caso da solo rende inquieti. Gli orientali dicono: la perfezione è bella ma è stupida, bisogna conoscerla ma romperla. La combinazione tra regola e caso è la vita, è l’arte, è la fantasia, è l’equilibrio».

Ogni attività è quindi precisamente strutturata nelle consegne, nei supporti e nei materiali, ma all’interno delle indicazioni date ogni bambino può muoversi liberamente, cercando i mezzi e le vie migliori per esprimersi. Non ci sono modelli da copiare, né perfezioni da ottenere: la regola serve solo a dare quelle indicazioni che permettano di ottimizzare i risultati perché “progettare è facile quando si sa come si fa”.

Solo attraverso la sperimentazione diretta e attiva ogni bambino può veramente farsi protagonista del suo stesso processo di apprendimento. “Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco”, diceva Confucio. Ma questo fare in cui il bambino si cimenta pretende di essere assolutamente inutile e sganciato da qualsiasi velleità utilitaristica tipica della società occidentale. Quello che ci interessa è che il bambino incameri un processo, un modo di fare che saprà poi applicare in nuove situazioni: non un prodotto, ma un atteggiamento sarà la sua eredità.

All'interno del laboratorio troverete tanti, tantissimi materiali: molti li avrete visti nelle vostre case, ma probabilmente non avevate mai pensato di usarli per disegnare, colorare, costruire! 
Noi crediamo che gli oggetti di ogni giorno abbiamo molte potenzialità nascoste e tante risorse che potrebbero aumentare la nostra sperimentazione: serve solo avere fiducia nella nostra inventiva.

DOVE

Potenzialmente ovunque: in un’aula, nella sala di un museo o di una biblioteca, in un prato o in un cortile. L’importante è che ci sia un bello spazio aperto per sedersi tutti insieme e per condividere, ascoltare gli altri e ascoltare se stessi.
Per l’attività di laboratorio è importante che tutti i materiali e i supporti siano ben ordinati, in modo che i bambini possano scegliere consapevolmente ciò che desiderano, discriminando le specificità di ogni risorsa. Ma per questo non preoccupatevi: metteremo noi ordine nella vostra confusione!


PERCHÉ

Alcuni ragioni le abbiamo già enunciate sopra, ma il nostro principale intento è esponenzializzare la conoscenza: il nostro è un progetto interculturale che crede nell’uguaglianza e nella ricchezza di ogni cultura. Ci opponiamo ai pregiudizi e alla chiusura mentale per attingere da ogni universo saperi, storie, credenze, curiosità e per condividerli. Solo sperimentando attivamente la diversità possiamo renderci conto in prima persona dell’enorme risorsa che essa costituisce e di come possiamo rielaborarla positivamente nella vita di tutti i giorni.
Rispetto, ascolto, condivisione i principi chiave.




BENEFICI

  •          Valorizzazione della collaborazione tra pari e dell’impegno su un progetto comune.
  •           Condivisione di esperienze, vissuti, conoscenze.
  •           Sperimentazione pratica variegata con materiali e supporti di diversa natura.
  •           Sensibilizzazione a un approccio multimediale e sinestetico alla realtà.
  •           Provvisione di stimoli, proposte, nuove conoscenze.
  •           Stimolazione a uno sguardo diverso, laterale, divergente sulla realtà.
  •           Valorizzazione del potenziale creativo e artistico di ciascuno.

LA FIGURA ISPIRATRICE


La figura ispiratrice di questo progetto è Bruno Munari, designer, grafico, architetto, scrittore ma soprattutto artista poliedrico e pedagogista per caso. Fu proprio lui il primo a credere nel forte valore dell’arte come strumento educativo e a progettare i laboratori cui ci ispiriamo.
Ma se è vero che “ognuno conosce un Munari diverso”, noi conosciamo soprattutto il Munari della sperimentazione illimitata e delle varianti. Per lui la “ricerca sincera delle varianti” è una delle numerose facce della creatività e consiste nel cambiare sistematicamente i caratteri che definiscono normalmente un oggetto per proporlo in una nuova versione, pur senza fargli perdere la sua identità. Un po’ come i volti umani, che sono tutti diversi ma che sono pur sempre le facce degli uomini!
Cercare, creare, elaborare la varietà, quindi creare la differenza e farne risorsa.

Alla faccia!
Bruno Munari, 1992.
COSA ABBIAMO FATTO FINORA

Un primo ciclo di laboratori si è svolto questa primavera presso la biblioteca civica “Paolo e Paola Maria Arcari” di Tirano e ha coinvolto 15 bambini italiani e stranieri tra gli 8 e i 10 anni.

A settembre il progetto è stato presentato in occasione della Summer School UNESCO “Childhood in Multiculturalsocieties: theory, praxis, research”, a Varsavia presso l'Accademia di Educazione Speciale. La nostra ricerca verrà presto pubblicata negli atti del convegno.

IncontrArti è stato parte dei 15 strumenti educativi presentati in occasione della Tool Fair Italia 2016, un'esposizione di nuove buone pratiche educative a Roma. Ritenuto essere uno dei migliori strumenti presentati, è nella TOP 5 della Tool Fair Italiana.

Grazie a questo risultato, IncontrArti prenderà parte alla Tool Fair Internazionale a Malta, tra il 7 e il 12 Novembre 2016.

Trovate IncontrArti anche registrato nel Portale Educativo di Erasmus+.
Lo trovi qui: IncontrArti



Per il futuro… beh: vorremmo IncontrArti!

Contattaci attraverso la nostra Pagina Facebook: LoT - Larcenies of Time.

lunedì 7 dicembre 2015

Se ci ricordassimo chi eravamo: per una riscoperta della Creatività

Dovevo scrivere qualcosa sui diritti dei bambini, su come proteggerli, su come permettere loro di avere una buona infanzia. Così ho pensato che non può essere riconosciuto miglior diritto che quello di "essere se stessi"
Un viaggio dentro i nostri processi creativi e su come, crescendo, ci siamo dimenticati chi eravamo. "Dobbiamo recuperare il bambino che c'è in noi" - diceva Friedrich Fröbel - "solo così potremmo essere felici".

Quello che per me era un diritto scontato, ha destato una grande riflessione. Così mi sono ritrovata a parlarne ancora, il 5 dicembre presso l'Akademia Pedagogiki Specialnej "Marii Grzegorzewska". http://www.aps.edu.pl/university.aspx

ENGLISH VERSION HERE > http://larceniesoftime.blogspot.com/2015/12/i-had-to-write-something-about-children.html





Sin dalla nascita della società contemporanea, la comunità internazionale ha compiuto molti sforzi per promuovere i diritti del bambino: nel 1924, a Ginevra, fu adottata la Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo, un documento piuttosto semplice contenente basilari – quanto concrete – garanzie. Così come oggi è dato per scontato, “Il bambino che è affamato deve essere sfamato, il bambino che è malato deve essere curato, il bambino che è in condizioni di difficoltà deve essere aiutato”. 
Poi, nel 1959, il documento originale – approvato anche da figure che sarebbero diventati simboli della pedagogia del Novecento quali Janusz Korczak – fu ampliato e aggiornato. 

Janusz Korczak e i suoi bambini, tutti morti a Treblinka.
Fonte: http://www.orecchioacerbo.com/editore/index.php?option=com_oa&vista=catalogo&id=399

L’ultima versione è datata 1989 ed è conosciuta universalmente come la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, divenuta famosa per la vasta diffusione e per l'approvazione che ha ricevuto ovunque nel mondo.
Tutti questi documenti stilano i diritti e i bisogni dei bambini affinché si agisca nel loro massimo interesse e per la loro tutela. 
L’innovazione della Convenzione del 1989 fu l’introduzione di alcuni principi moderni, come il diritto alla vita, il diritto ad avere un nome e un’identità, il diritto ad avere la propria privacy rispettata o il diritto di esprimere le proprie opinioni che devono “essere ascoltate e tenute in considerazione quando appropriate”.

È dato per scontato che tutti queste garanzie si siano sviluppate in un’epoca in cui i diritti basilari – come il cibo, l’assistenza sanitaria, l’educazione – erano già assicurati. Tutti sappiamo che ci sono aree nel mondo dove nemmeno i diritti basilari sono garantiti e dove molti bambini sono sottoposti alla fame, alla mancanza di acqua potabile o sono obbligati a crescere senza educazione e poi a combattere: ma, per oggi, la mia attenzione vuole focalizzarsi sulla nostra cosiddetta “società sviluppata” e sulle sue responsabilità e sui suoi doveri.

In particolare, sull’articolo 13 della Convenzione del 1989: “il bambino deve avere il diritto alla libera espressione; questo diritto include la libertà di cercare, ricevere, impartire informazioni o idee di ogni tipo, anche oralmente, in forma scritta, stampata, in forma d’arte o attraverso qualsiasi altro mezzo che il bambino voglia scegliere e indipendentemente da qualsiasi tipo di barriera”.

Quando ho letto questa disposizione la prima volta, non ho capito davvero che cosa volesse significare. Ero troppo giovane ed era difficile per me immaginare un bambino che “impartisce informazioni e idee” a qualcun altro, così come era difficile dare tanta importanza alle loro forme di espressione: vagavo con la mente tra i miei vecchi disegni – pile di fogli colorati, la maggior parte copie di qualche immagine trovata su un libro, lasciati in cima a un armadio e lì dimenticati – considerandoli solo la produzione di una florida creatività, niente di più. Solo il passatempo di una piccola zelante bambina.

Poi, un giorno, sono tornata all'asilo – sarebbe meglio dire alla “Scuola dell’Infanzia” – per un progetto di lavoro e ogni cosa è cambiata. Aperta la porta, sono stata risucchiata nell’atmosfera infantile: piccole sedie, piccoli tavoli, piccoli appendiabiti, piccoli armadi. Tutto il materiale necessario era disposto su bassi scaffali che dovevo stare attenta ad evitare. 
Tutto certamente perfetto, a livello pedagogico – come suggeriva Maria Montessori in “La Scoperta del Bambino”: “aprire e chiudere i cassetti, le porte e le finestre, riordinare una camera, sistemare le sedie, tutti questi sono esercizi che permettono al corpo del bambino di muoversi e questo movimento permette di perfezionare il corpo e la mente”: tutto deve essere “a misura di bambino”.
Sono diventata adolescente con due fratelli piccoli, costantemente immerse nei meccanismi dell’infanzia ma, probabilmente per la gelosia tipica della “fraternità”, non ho mai empatizzato con la loro età. 
Quel giorno, sono stata completamente scioccata nel riscoprire un mondo così minuscolo e piccino che avevo completamente dimenticato. 
E soprattutto avevo dimenticato quanto quei fogli colorati fossero importanti per me, quando ero bambina.

L'importante è disegnare, la posizione non conta...
Serena Saligari © 2015

Non è cosa comune tenere in considerazione e discutere del processo creativo dei bambini. Forse perché siamo abituati a vedere la loro fantasia come strana, stravagante, illogica se non addirittura ridicola. Li scherziamo se parlano con il loro amico immaginario, se fanno parlare i loro pupazzetti, se si immaginano dottori, infermierini, maestre. Questo “gioco simbolico”, come lo chiamava Jean Piaget, è una componente fondamentale per il loro sviluppo sociale, ma quando li guardiamo giocare siamo stupiti e impressionati nel sentire le espressioni che usano – spesso ripetendo, copiando e mischiando i comportamenti che assorbono dagli adulti – e soprattutto ci dimentichiamo che facevamo così anche noi. È come se, una volta cresciuti, ci vergognassimo delle cose che eravamo soliti fare.

Invece di giudicare la loro condotta dovremmo piuttosto lasciare i bambini liberi di esprimere se stessi in ogni modo – ovviamente nei canoni delle modalità accettate e corrette.

Il “diritto di essere creativi”  dovrebbe essere aggiunto e conservato nelle leggi delle nostre società.

Come Ken Robinson dice, "creatività" è “il processo che consiste nell’avere idee originali che hanno valore”. 
In principio, come dicevamo prima, ogni bambino ha il suo bagaglio di competenze creative che è nostra responsabilità incoraggiare. 
Essere creativi permette di creare nuovi mondi, di immaginare cose che non ci sono nella nostra realtà. Essere creativi permette di avere nuovi punti di vista, di vedere al di là delle cose comuni, di diventare visionari. Essere creativi ci abitua al “pensiero divergente”, ovvero alla possibilità di vedere diverse soluzioni allo stessa problematica. J. P. Guilford, l’ideatore di questa espressione, nel lontano 1950 sottolineava gli effetti positivi di questa attività, che consente ai nostri bambini di diventare elastici, innovativi, abili nell’adattarsi alle diverse situazioni. 
Questi sono i motivi per cui dobbiamo incoraggiare i loro talenti naturali, le loro abilità, le loro competenze: all'inizio questo stimolarli ci sembrerà inutile e senza risultati significativi, ma porterà innumerevoli effetti positivi al loro futuro.




Ma esattamente, cosa fare?
Una delle migliori vie per stimolare il pensiero laterale è porre “domande stupide”: non nel senso di sciocche, superficiali o insensate, quanto piuttosto nel senso di “basilari”: a volte ci dimentichiamo di approfondire il concetto chiave su cui ci stiamo impegnando. “Sto lavorando sull'immaginazione”: ma che cos'è “l’immaginazione”? “Voglio stimolare la loro fantasia”, ma che cosa significa “fantasia”? qual è la differenza tra “fantasia” e “immaginazione”? 
Siamo così sicuri di conoscere il significato di queste parole che non ci preoccupiamo del loro effettivo significato. E quando proviamo effettivamente a definirli, di troviamo impotenti di fronte all'evidenza che non siamo in grado di farlo.
Per questo dobbiamo insegnare ai bambini a prestare attenzione all'etimologia di ciò che stanno facendo – anche se può sembrare ambizioso.

In un secondo momento, il principale compito degli adulti è quello di provvedere i materiali, le condizioni, le esperienze in cui i bambini possano sentirsi a loro agio. Poi, dare loro qualche regola essenziale – come quella di avere rispetto per gli altri bambini, per i loro lavori, per i materiali e l’ambiente in cui stanno lavorando.
Ma non dobbiamo dire loro cosa fare. Il nostro input deve essere solo quello di metterli nelle condizioni di essere creativi. Piuttosto possiamo stimolarli, dando loro alcuni generali principi da rispettare: “lavora sulla forma” o “lavora sulle dimensioni”: fondamentalmente “cambialo”, “dagli una diversa funzione”. Regole molto generali che possono aiutarli a focalizzarsi in una certa direzione, senza compromettere la loro volontà.

Se un pestello diventa un flauto incantatore...
Serena Saligari © 2015
Se i bambini hanno l’occasione di crescere in queste condizioni, la formae mentis che svilupperanno darà loro un sacco di vantaggi futuri nel risolvere i problemi, nel prevenire i rischi, nell'essere positivi.

E non dobbiamo essere così preoccupati da questa loro "indefinibile" produzione, che sicuramente riempirà i nostri armadi fino all'orlo: Bruno Munari le ha dato una precisa definizione – seguendo il principio dell’approfondire concetti “banali”, come dicevamo. Può essere chiamata “invenzione” – l’atto di produrre qualcosa di nuovo che funziona ed è esteticamente attraente. Può essere chiamata “fantasia” – l’atto di immaginare qualcosa che prima non c’era e che non deve per forza essere praticamente realizzabile. Possiamo chiamarla “creatività” - se uniamo fantasia e invenzione per produrre qualcosa di originale, che funziona e che è pure bello.

Serena Saligari © 2015


In ogni caso, queste attività consentono ai bambini di distinguere ciò che è improbabile da ciò che è pura fantasia, di capire che la realtà cui siamo costantemente sottoposti non è l’unica possible.

La creatività è oltretutto uno “spazio sacro” dove i bambini possono esprimere i loro sentimenti: “spazio sacro” nel senso dell’"essere separato dallo spazio e dalle regole dello spazio ordinario”, come lo ha definito Gerardus Van Der Leeuw, quindi un luogo dove le regole sociali e culturali sono sospese al fine di essere liberi da qualsiasi forma di dovere.
Così, nel pitturare, in un certo modo di danzare, in un’espressione usata per raccontare una storia, possiamo trovare indizi sulla loro condizione emotiva, sulla loro identità, sulla loro personalità o sul loro temperamento
Le potenzialità terapeutiche del disegno, usato sia come strumento di diagnosi che come terapia, sono risapute. Osservando il disegno di un bambino possiamo inferire aspetti della loro sfera emozionale che essi non sono in grado di esprimere a causa di qualche blocco psicologico o per la paura delle potenziali conseguenze.
“Loro diventano pittori per il fatto che c’è qualcosa che non possono dire”, diceva Rainer Maria Rilke.

Molti di noi non hanno le competenze per sfruttare le potenzialità di questo strumento, ma in un certo modo possiamo diventare più sensibili sulla potenzialità terapeutiche dell’arte.

Gianni Rodari, scrittore, poeta, pedagogista italiano, ha scritto “Grammatica della fantasia”, libro in cui ha indagato i meccanismi della fantasia e della creatività, considerandoli componenti essenziali per lo sviluppo umano.
Secondo la sua opinione, ogni persona deve avere l’opportunità di portare avanti la sua attività creativa e di sfruttare gli effetti benefici che ne derivano: anzitutto la gioia dell’espressione personale e della giocosa produzione pseudo-artistica.

E se siamo perplessi, basta cercare su Google “La colazione in Pelliccia” di Méret Oppenheim, “Il violino d’Igres”o “Lo specchio flessibile” di Man Ray, “Il martello di sughero” di Chaval o la “Macchina da scrivere molle” di Claes Oldeburg, il “Codex Seraphinianus” di Luigi Serafini: di sicuro la sensazione che ne deriverà sarà di meraviglia. 
Scopriremo che i nostri bambini sono uguali a degli artisti, per la somiglianza delle loro produzioni con quelle di questi celeberrimi artisti. E la certezza che siano pazzi si sgretolerà rapidamente!


"La colazione in Pelliccia", Méret Oppenheim, 1936.
Fonte: khanacademy.org
A volte “creatività” significa “distruggere per ricostruire”: le cornici socio-culturali e la conoscenza riconosciuta devono essere scosse, ribaltate, combinate per guardare il mondo da un’altra prospettiva, come nelle opere d’arte citate.

E bisogna essere aperti: è sufficiente dare un’occhiata alla natura per scoprire “arte” e splendore che siamo soliti pensare possano esistere solo nella nostra mente: Bruno Munari e Leo Lionni, rispettivamente in “Good Design” e “la Botanica Parallela” ci insegnano proprio a stupirci di fronte a forme tanto strane, a colori e funzioni che diventano possibili anche nel nostro mondo terrestre.

Da "La Botanica Parallela", Leo Lionni, 1976.
Fonte: ebook.telecomitalia.it