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lunedì 3 settembre 2018

SENSI di VIAGGIO X: Gadara pt.2, di rovine, miracoli e conquiste...

Giunto all’altra riva, nel paese dei Gadarèni, due indemoniati, uscendo dai sepolcri, gli vennero incontro. [...] Egli disse loro: “Andate!”. Ed essi, usciti dai corpi degli uomini, entrarono in quelli dei porci. [...] I mandriani allora fuggirono ed entrati in città raccontarono ogni cosa e il fatto degli indemoniati.
Matteo, 8, 28-32

Ho già raccontato di come Gadara, l'attuale Umm Qais, abbia del miracoloso, sia per il posto in cui sorge, sia per le implicazioni geopolitiche che sembra quasi riuscire a sorpassare dalla sua altura pacificatrice.
Eppure i miracoli, in questa lingua di terra, iniziarono molto tempo fa: quello sopra descritto pare sia stato compiuto proprio da Gesù in quella che già era una conquista romana. 
Ma proprio perchè siamo sul limitare di un confine tumultuoso, tutto può essere messo in discussione: e infatti "sulla sponda Orientale del Mare di Galilea c'è un altro sito che rivendica l'onore di essere stato il luogo del miracolo". Quasi con un puntiglio o con una pretesa di verità, Lonely non ci rivela quale sia questo sito, così io decido di accettare una "verità storica" che sembra fornire il contesto giusto con cui addentrarsi tra le rovine di questa città.


Gadara era una delle 10 città romane che formavano la Decapoli - ma dai!- ovvero la frontiera mediorientale dell'Impero Romano. Come la cittadella di Amman, ha visto  diverse dominazioni: Tolomei, Seleucidi (greci) ed Ebrei, prima di cadere in mano romana come premio per la vittoria di una battaglia navale.
I romani la resero avamposto per gli scambi commerciali con le altre città della Decapoli, trovandosi su una dorsale che la connetteva a Damasco e a Philadelphia - oggi Amman. Dopo secoli di decadenza, gli Ottomani capirono che essa poteva tornare ad essere un punto strategico e ci innestarono un villaggio, costruendolo proprio sopra le rovine romane - e compiendo ampio scempio e furto di materiale.
Dal punto panoramico, scendo verso il Decumano e rischio di cadere sui gradini sconnessi per la distrazione dei miei occhi, che ancora cercano la vista spettacolare.
Le colonne che lo fiancheggiano sono l'unica cosa che rimane illesa di quello che doveva essere il grande sfoggio dei dominatori giunti da Roma. Le pietre bianche riflettono il sole e mi abbagliano. 
L'area archeologica sembra un grande cantiere: i blocchi sono numerati e attendono - invano? - l'ennesima spedizione archeologica occidentale che le metta dove erano migliaia di anni fa. Purtroppo, lo stato di conservazione è scarso e c'è materiale ovunque, appoggiato e "riordinato" secondo somiglianze di fattura. Eppure i lavori sono iniziati nel lontano 1980...
Ci sono molti operai locali che, immagino, dovrebbero procedere nei lavori di scavo e restauro, ma mi sembrano mal attrezzati e una cosa ci accomuna loro: la disperata ricerca di ombra.
Non riusciamo a biasimarli nemmeno quando, alla fine del percorso, torniamo al punto di partenza e li ritroviamo sempre all'ombra, ma di un ulivo diverso.😏
Il classico procacciatore di turisti ci viene incontro con un cavallo, proponendoci un elegante tour guidato e privo di fatiche, ma decidiamo di resistere.


La vegetazione è l'unica vera proprietaria di questo luogo dimenticato dove riconosciamo, con non poca immaginazione, i resti di ben due teatri - si sa che per i Romani c'erano delle attrazioni indispensabili! - di una basilica costruita nei primi decenni dopo Cristo a tributo del suo miracolo, di alcune botteghe, delle scuderie. 
Il decumano scorre infinito, ma il sole è troppo forte e abbagliante, quindi decidiamo di fare dietro front.




Dal punto panoramico, mi fermo ancora un momento a contemplare quei resti di Storia e penso all'arroccato disagio che vivono e all'abbandono che li affligge. Eppure sento che Gadara ha qualcosa in più da dire e chissà, forse tra vent'anni, quando i lavori di restauro saranno veramente finiti, i turisti potranno venire qua e respirare la storia e la vita di tutti i popoli che l'hanno attraversata.
  

  




sabato 1 settembre 2018

SENSI di VIAGGIO VIII: Gadara, crocevia del Medio Oriente

Tirano Crocevia delle Alpi, Umm Qais - ام قيس - Crocevia del Medio Oriente...


Okay, forse il paragone non regge, ma questa lingua di terra nel Nord della Giordania sembra davvero meritarsi questo nome. Certo, per fare una croce servirebbe che a incontrarsi fossero almeno 4 paesi, ma la geopolitica del turbolente Medio Oriente ci impone, al momento, di accontentarci di loro 3:
Giordania, Siria e Israele sembrano non essere mai stati così vicini.


Dalla cittadina di Umm Qais, posta su un colle che a me ricorda la forma di un cuore, risalgo a piedi sul colle successivo, dove giace l'area archeologica di Gadara. 
I miei occhi sono un po' assuefatti da tutte queste colline ininterrotte, rocciose, brulle e desertiche che si ripropongono per chilometri. Il viaggio da Amman è stato davvero lungo - per il solito motivo che 59 km li devi fare in due ore - e non sono così ottimista che le aspettative vengano ripagate: il mio cervello ha imparato che dietro a un colle può solo esserci... un altro colle.
Nel punto più alto c'è una moschea e tutt'intorno le rovine di un villaggio ottomano abbandonato che si è sovrapposto alle rovine romane: la vista è impedita da scuri blocchi di basalto che sembrano assorbire tutto il calore della giornata. Ci sono 35°, è mezzogiorno e, anche questa volta, non c'è nessun altro visitatore. 
Mi faccio guidare da quel che resta delle viuzze del paese anche perchè, qui in Giordania, è praticamente impossibile ottenere una brochure o una cartina del posto che stai visitando...
E' così che, al limitare di un muro diroccato su cui svetta l'ennesima bandiera giordana, la vista si apre e non c'è nulla a interromperla.


Davanti a noi ci sono le tanto contese alture del Golan, oggi Israele. Il monte Hermon è lontano, ma puoi immaginarne la forma nell'infinito Ovest. 
Dietro l'altipiano, il Lago di Tiberiade che qualcuno chiama, forse con un po' troppo di magnificenza,  Mare di Galilea. Il cielo è terso, mi dicono che sono fortunata: spesso c'è troppa foschia e il lago non si vede.
Nella valle a U che ci separa dal Golan, scorre il fiume Yarmouk, anche questo famoso per una battaglia.
È bello scoprire che, dietro all'ennesimo colle non c'è solo un altro colle, ma tutto questo panorama.
L'infinito susseguirsi di colline sembra assumere un senso in questa landa di terra dove, tra guerre e scontri, le persone sembrano ancora dover definire i loro spazi, nello spazio privato della loro resistenza.
Si dice che questo colle sia meta di pellegrinaggio per i Palestinesi che hanno dovuto lasciare la loro terra e che da qui possono ammirarla fino a farsi accarezzare dalla brezza che risale da Sud.