Per qualche strano caso della vita, ogni volta che ci sono
delle elezioni politiche importanti, il giorno post-elezioni mi sveglio in
qualche parte del mondo diversa da casa, o ricevo un nuovo biglietto aereo per
qualche luogo lontano.
Il 10 Novembre 2016 ero a Malta: con la mia amica Silvia ci
siamo svegliate, guardate in faccia, e girate dall’altra parte, immerse negli
schermi dei nostri cellulari che dispensavano - con tanto sensazionalismo quanta
sorpresa - la notizia della vittoria di Donald Trump.
Il 5 Marzo 2018 ho ricevuto la conferma che sarei partita
per la Giordania, e ho prenotato il volo allontanando i pensieri nefasti (e premonitori?)
su quali sarebbero stati gli effetti dei risultati delle elezioni politiche
italiane del giorno prima.
il 13 dicembre 2019, che e’ pure venerdi’ – e quindi, in
Inghilterra, porta il doppio della sfiga! – mi sono risvegliata a Liverpool con
questo Nightmare before Christmas, la vittoria schiacciante di Boris Johnson. Nel
pomeriggio mi e’ arrivata la conferma del mio prossimo viaggio, in Kenya.
Oggi e’ Santa Lucia, il giorno piu’ corto che ci sia (e per
fortuna, mi viene da dire!), se non fosse che non e’ detto che le cose, da domani,
possano solo migliorare.
Sono in Inghilterra da poco piu’ di un mese, e faccio conto
di rimanerci per un bel po’. Non ho scelto di venire in Ighilterra, semplicemente,
mi si e’ presentata l’occasione di venirci. Non posso dire di esserci
affezionata, non ancora, quantomeno: ma Liverpool e’ una citta’ fantastica, gli
inglesi sono dannatamente rassicuranti, gentili, incoraggianti. Il tempo fa
pieta’, e il cibo e’ discutibile, ma si vive bene. Un italiano vive bene,
qui, soprattutto se ha a che fare con l’universita’. La risparmiamo la nota
sulla fuga dei cervelli e sulle centinaia di studenti?dottorandi?ricercatori?professori
italiani che ho incontrato nell’ultimo mese?
Risparmiamola.
Credo che, stamattina, tutti noi, italiani e non, ci siamo
svegliati (e ci siamo sentiti) un po’ piu’ stranieri.
Ovvio, il primo pensiero e’ stato: ma chi diavolo l’ha
votato? Perche’ in effetti, se parli con un inglese non ti dira’ mai che ha
votato per la Brexit, ne’ per Boris Johnson.
Il punto e’ che qualcuno l’avra’ pur votato - un po’ come quando da noi nessuno
apparentemente votava Berlusconi, ma poi vinceva sempre.
Il secondo pensiero e’ stato: vabbuo’, tanto io sono cittadino
italiano, no? passaporto europeo, lasciapassare per il mondo.
Eppure Boris Johnson fa vacillare anche queste certezze, che
in fondo non sono altro che una specie di retaggio neocolonialista che ci crede
immuni e potenti (solo) in virtu’ della nostra occidentalita’.
In fondo, gliene sono grato: e’ sempre buona cosa mettersi
in discussione e cercare di riposizionarsi nel mondo. Lo so, appartengo a
una classe di giovani privilegiati che “ha scelto di andarsene all’estero”,
cit.. Che fa le valigie e prova a partire, tanto non ha nulla da perdere (se
non le speranze). Che in fondo, se va male, puo’ sempre tornare da Mamma Italia
e “ti adatti, che qualcosa se hai voglia di lavorare lo trovi”. Tutto-dannatamente-vero.
Grazie Boris per questo pugno in faccia, per questa doccia
di acqua gelata.
Non ho mai creduto nella Brexit, ma mi pare evidente che ora
sia un evento ineluttabile. Basta romanticismo.
Nessuno sa cosa succedera’, e oggettivamente non c’e’ nulla
di peggio dell’incertezza, del non sapere cosa ti aspetta.
Il punto non e’ lo sbatti del passaporto, non e’ nemmeno la
complicazione del presunto visto elettronico. Ci sono questioni piu’ complicate
e profonde del disagio passeggero dei turisti dal weekend a Londra che, in
fondo, uno sforzo per entrare in UK possono pure farlo.
Ma per (noi?) stranieri, che viviamo qua, e che stiamo
cercando di costruirci un pezzo di vita in Inghilterra, di investire energie, presente
e futuro per qualcosa di migliore (e forse nemmeno per qualcosa di migliore, ma
semplicemente per qualcosa di diverso?) cosa ne sara’?
Il mio aspetto pratico e’ al limite dell’incredibile. Boris
promette Brexit entro fine gennaio. E’ ovvio che non sara’ cosi’, da un giorno
all’altro, ma e’ davvero cosi’ ovvio? Lascero’ la nazione per quindici giorni,
a ridosso della data: potrei uscire dal paese e rientrarci (forse) sotto una
condizione completamente diversa. Le segreterie mi soffocano di email per farmi
notare che forse dobbiamo cambiare le date, che tornare a meta’ febbraio puo’
portare a complicazioni: ammettere complicazioni nella mia testa si traduce nel
darla vinta alla schizzofrenia di Boris, quindi rilassiamoci.
Eppure, stamattina ho chiamato in comune, mi sono iscritta
ai registri. Poi ho chiamato la previdenza sociale, e ho preso un appuntamento
per avere il numero fiscale. Ho controllato di aver caricato tutti i documenti
per il pre-settled status. Gliel'ho data vinta.
Ho sentito una necessita’ urgente di veder scritto da qualche
parte che non sono una turista, di avere una prova burocratica della mia
presenza sul suolo inglese. Mi sono sentita in necessita’ di farmi ingabbiare
da un sistema che, nel darti uno status, ti prende tra le sue maglie e ti
stritola: perche’ se vuoi stare qui, adattati e dicci cosa sei qua a fare. Mi
sono sentita inadeguata nel mio stato marginale, indefinito, che fino a ieri
era semplicemente quello di un qualsiasi Cittadino europeo in libera
circolazione sul suolo europeo, per entrare in quello di Cittadino europeo in
un' Inghilterra in transizione per la Brexit. E’ stato bruttissimo, mi sono
sentita totalmente impotente, come se il mio destino dipendesse veramente da “quelli che stanno in alto”. Mi sono sentita in qualche modo, clandestina, pur senza esserlo.
Eppure, e’ stato un momento catartico: non mi sono mai sentita
cosi’ vicina a tutti i miei amici non europei che combattono da anni per resistere all'impregnante potere di questa parola: “clandestino”. Una parola
che alla fine diventa un’identita’, e non sei tu, ma sei "il clandestino". Ho pensato
ai miei amici ingabbiati in Giordania, con un passaporto che e’ carta straccia.
E anche ai miei amici africani, che stanno in Italia e sono macinati pure
loro dalle maglie di una burocrazia estenuante che li mantiene in uno status indefinito
per anni. Che blocca il loro futuro. F-U-T-U-R-O!
Non sono degna di paragonarmi a loro, il mio privilegio da
occidentale mi posiziona ancora una volta troppo avanti. Penso tutti i giorni a quanto presente e quanto futuro loro stanno perdendo.
Eppure, in questo
flusso di pensieri e nella volonta’ di cercare sempre un insegnamento utile in cio’ che accade, sono
grata a Boris Johnson di avermi insegnato ancora una volta che c'e' solo una cosa da fare. Puo' essere dannatamente difficile, ma: RESISTERE, SEMPRE!