Translate

martedì 4 settembre 2018

SENSI di VIAGGIO XI: A Vale, nell'essenza dell'assenza.

Ci sono giornate e giornate...


Erano giorni che 'poltrivo' a IlWeibedh, studiando un po' d'Arabo e facendo qualche ricerca...impigrita dal caldo e dal fatto che anche se fossi uscita, sarei dovuta uscire da sola.
Amo la solitudine, soprattutto quando sono in viaggio, perché mi consente di prendermi i miei tempi, di pensare, di stupirmi ad ogni angolo e di fare tonnellate di fotografie.
Eppure, nei giorni scorsi, mi sembrava che non ci fosse più niente da vedere, a ILWeibeh. Che impressione stupida...
Serviva una tragica telefonata dall'Italia a farmi scuotere dal torpore, a darmi un sano "calcio-nel-culo": la disperazione ha preso il sopravvento solo per pochi minuti, sono subito uscita di casa sbattendo le porte, alla ricerca di aria, di ossigeno, ma soprattutto di Vita.
Eri nell'aria, con la tua risata intensa e coi tuoi abbracci calorosi, con la tua ironia e col tuo sorriso. Mi sono sentita subito "serena" perché credo che tu abbia accettato questo nuovo, improvviso e precoce viaggio con positività. Consapevole della meraviglia della Vita, dello stupore degli imprevisti, dell'incalcolabile probabilità di una Vita Oltre che può venire in qualsiasi momento a cercarti.
Ci mancherai, Vale <3 


E allora sono uscita di casa e sono andata a cercare l'essenziale, sapendo che non c'era nulla da aspettare e nemmeno un minuto da perdere. 
Ho incontrato una "sorella", sister Nisrin, che mi ha accolto con un abbraccio di Carita(s) Giordana e che ha indovinato subito il mio accento, cominciando a parlare italiano.
Ho incontrato un bambino, con la sua sorellina che piangeva nell'androne di casa. Prima mi ha guardato, poi salutato e infine ha voluto portarmi dalla sua sorellina che, chissà come, ha smesso di piangere. 
Ho incontrato un teppistello che non ha risposto al mio "Salam", uno scultore giordano che lavorava il suo marmo di Carrara e che subito ha capito che il mio accento era italiano - anche lui!


Sono andata a vedere una mostra d'arte, mi sono seduta su un muretto al canto del muezzin. Ho sorriso a due signori curiosi che giocavamo ai dadi al lato della strada.
Infine, mi sono lasciata guidare da una frase e da una - tra le tante - rampe di scale: 


sono arrivata in un caffe accogliente, tutto affacciato sulla città. Così affacciato che gli edifici sembra che ti vengano addosso, così affacciato che ti sembra di abbracciare l'intera Amman.




I baristi, curiosi, non sapevano una parola di inglese. Il meno timido di loro, un ragazzo di 18 anni, ha sfoderato Google Translate e mi ha chiesto "Can I sit with you?', mentre strizzava l'occhiolino ai compagni. 
È così che abbiamo cominciato a parlare, in un misto arabo-inglese-traduttore e anche il mio blocco linguistico si è sciolto e sì: ho parlato (biascicato? Arrancato?) in arabo.
Mi sono sentita bene nell'empatia di un'ignoranza linguistica condivisa. 
Mi sono sentita bene in ognuno di questi incontri, in ognuno di questi gesti e non c'era nessun altro motivo per sentirmi bene se non la soddisfazione di essere sulla strada giusta: quella per trovare l'essenza. L'essenza di un posto, l'essenza delle persone, l'essenza della Vita.
Soprattutto, l'essenza di un incontro.
Come quelli che facevi tu, quotidianamente: incontri gentili, pacati, genuini. Incontri curiosi, entusiasti, mai scontati. Incontri puri, semplici, veri.
Essenza, non assenza. Lasci l'essenza...
Grazie Vale, un abbraccio

Nessun commento:

Posta un commento