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domenica 23 settembre 2018

SENSI di VIAGGIO XXVIII: di pleniluni stupendi



Per una serie di strane dinamiche pseudo-lavorative, mi sto trasformando in un animale notturno, cosa assai inconsueta e insperata per la mia persona - ricordo ancora che in Erasmus mi addormentai sulla poltroncina di una discoteca alle 10 di sera.
Questa inesplorata attitudine mi ha permesso, in questo primo mese di permanenza in Giordania, di vedere la luna crescere e di assistere al costruirsi del plenilunio.
A casa, non ci faccio molto caso: forse, non ci faccio caso per nulla, se non in qualche solitaria sera d'estate in cui il cielo è terso e sembra trascinare i miei occhi verso l'alto con una forza calamitica.
Qua, invece, foss'anche solo per l'assenza delle montagne e per la sconfinata distesa di colline, non puoi non accorgerti di quell'ospite inconsueto che sta sempre lì, come ad osservarti. 
E mentre ti osserva, credo che la luna sia capace di infonderti una certa tranquillità, un misto di pace e di misticismo che ti obbliga a riflettere e a ripensare alle tappe della tua giornata: come un giudice calmo e paziente che rinnova la sua presenza ogni sera.
E' venerdì sera e la notte è giovane come solo può esserlo in un weekend che è al suo inizio. Usciamo fuori città, le strade sono finalmente libere dagli ingorghi della "movida" del centro. L'aria è fresca e frizzante, ti pizzica la faccia ricordandoti che sei in pieno deserto e che il caldo diurno non è certo garanzia di una notte mite.
Mentre la macchina macina chilometri, comincio a pensare che tra un po' saremo al confine della nazione: e invece no, siamo solo al limitare del governatorato di Amman, alla Nsair View.
Una distesa di terra rossa ci aspetta al limitare della strada, affacciandosi dall'alto sulla distesa di luci sottostanti. Una parte di esse sono ancora luci della Capitale, poi laggiù Il Salt e a nord Jerash.
Se il cielo fosse terso, si vedrebbero le luci di Nablus, la città natale dello Knafeh rimasta al di là del confine.
Ci sediamo sulle rocce, il mansaf sullo stomaco ci costringe ad avvolgerci in delle specie di pesantissime giacche beduine. 
Siamo inchiodati lì, su quella pietra sospesa sul nulla, a guardare un panorama infinito di luci e di oscurità. E la luna, unica certezza immobile, a ricordarci che lei è uguale per tutti e che ci sarà sempre. In qualsiasi posto andremo, da qualsiasi posto verremo, durante qualsiasi avventura decideremo di intraprendere. Più o meno forte in base alla luce che riceverà dal sole, alla forza che avrà di riflettere gli abbagli, ma sarà sempre lì, così vicina e così democraticamente lontana.
Forse Mahmoud Darwish aveva ragione: Maybe the moon is beautiful only because it is far.” 

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