Credo che tutti noi occidentali siamo un po' affascinati dai mercati: intendo dai mercati confusi e chiassosi dei paesi 'in via di sviluppo".
Per qualcuno sono addirittura il posto più affascinante di una città, come se solo lì si potesse trovare l'essenza del luogo, lo spirito vero e locale. Nella massa delle persone che si muovono, nella confusione e negli schiamazzi, il turista sente di aver raggiunto la vera immersione nel luogo.
La prima volta che sono andata a "down town" alias ho sceso 300 scalini per raggiungere la base del colle ove giace la parte vecchia della città, sono rimasta shockata.
In Giordania tutto succede sui marciapiedi - un po' come in India, tra l'altro: le persone che vivono di 'espedienti' mettono a frutto la loro creatività e svolgono le attività più improbabili. Tutti venditori abusivi di merci impensate che credono facciano gola agli stranieri.
Ma è quando varchi l'ingresso del mercato che devi essere davvero pronto: i palazzi si avvicinano, la via diventa più stretta e più buia, sopra le teste pendono dei teli che "proteggono" dal sole, rendendo l'atmosfera più cupa e in qualche modo asfissiante. Le merci "strabordano" sull'asfalto, i banchi ove sono esposte frutta e verdura sembrano in difficoltà nel contenere il tutto.
Non si tratta di un vero e proprio mercato: non è ambulante, i venditori sono sempre gli stessi e occupano gli anfratti al piano terra di vecchi palazzi. Non si intuiscono più le case, si vedono solo tramezzi che dividono gli spazi espositivi.
La gente urla 'nus dinar, dinar, dinarin" e così via come una litania: "mezzo dinaro, un dinaro, due dinari".
Si vende di tutto, ma con "ordine": forse per non farsi troppa concorrenza oppure per non confondere l'acquirente, le cose sono disposte per genere. La frutta e la verdura da una parte, insieme a spezie, semi e frutta secca a me sconosciuta. Formaggi, dolci, pane.
Se devii a sinistra, ti imbatti nelle "cose di casa", mischiate a vestiti, tendaggi, negozi interi dedicati a saponi e cianfrusaglie tanto colorate quanto inutili.
Insomma, non troveresti mai un banchetto di frutta o verdura, qui.
Oltre ai venditori ufficiali, ci sono poi quelli estemporanei che, seduti sul cassone del loro mezzi, ti offrono i miglior frutti della nazione - a detta loro, ovviamente.
Tutti cercano di attaccare bottone e mentre i locali affannano per guadagnare l'attenzione del venditore, questi è tutto concentrato su di te, impavida occidentale che sfidi il muro del suono e ti addentri nel caos del mercato.
"Welcome to Jordan", "تفظلي", "very nice" - questo è il più buffo degli approcci perché tutti gli uomini Giordani pronunciano queste 2 parole con la stessa inflessione - riproducibile allungando disperatamente la 'i' di nice.
Non puoi esitare, ovviamente. Devi andare decisa dal venditore che ritieni più affidabile e fargli capire a gesti, in inglese e in misto arabo, cosa vuoi.
Come capire se è affidabile? Non c'è un modo per saperlo prima: se ti sorride e ti offre cose gratis, è affidabile. Se ti sorride e cerca di rifilarti cose che non hai chiesto, ti sta fregando.
Il trucco sta nel dire quanto vuoi spendere per quella merce: tipo '2 dinari di pomodori", "1 dinaro di melograni". Io ho lasciato perdere la contrattazione, sia perché le cose sono davvero economiche qui, sia perché, se il venditore è onesto, ti prenderà in simpatia e ti farà un buon prezzo a prescindere.
Un altro trucco sta nel procedere sempre con passo spedito, gettando l'occhio ad ampio raggio in modo che quando passerai la seconda volta, avrai già deciso dove fermarti. Mai esitare, se non vuoi essere rapita dall'accalappia stranieri di turno.
Insomma, ci vuole tecnica per fare la spesa al mercato, soprattutto ci vuole molta molta pazienza per farsi largo tra le donne Giordane che si fermano ogni due passi e stanno in mezzo, incuranti del prossimo loro.
Soprattutto, non bisogna avere il mal di testa, perché le urla dei venditori sono davvero moleste e possono peggiorare da un momento all'altro. Se iniziano a cantare canzoncine tra di loro, si rimpallano le strofe dando vita a un canto polifonico senza precedenti.
E così, in quel rumore, in quella confusione, in quella claustrofobica quotidianità giordana, ogni volta sento di aver affrontato e vinto una sfida.
Insomma, meno Carrefour, più mercato!
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