Avete presente l'atmosfera da "Le mille e una notte"?
Un magnifico palazzo, candele che illuminano il paesaggio quel tanto che basta a creare un ambiente stellare, suonatori che lanciano note al cielo per portarlo più vicino...
Nelle serate di questa settimana si sta svolgendo ad Amman l'Arab Film Festival e la location della Royal Film Commission sembra essere fatta apposta per evocare i racconti persiani di dieci secoli fa...
Appena varcato il cancello, scendo le scale che conducono al giardino terrazzato: in mezzo agli alberi, un bar e poco più avanti una splendida piazza su Amman: è il cortile interno, volto al limitare del colle, da cui è possibile ammirare in lontananza le inconfondibili colonne della Cittadella.
Ad attendere me e gli altri spettatori c'è un piccolo anfiteatro: miracolosamente trovo posto.
La brezza sembra risalire dal colle per rendere l'aria frizzante quanto basta a preparare i nostri corpi e le nostre menti al film della serata. Le luci soffuse in contrasto con i mille puntini luccicanti che ci restituisce la città sui colli di fronte. Le moschee, coi minareti illuminati in verde - il colore dell'Islam - catturano la nostra attenzione e la fagocitano col canto del muezzin.
All'estrema sinistra, la Cupola della Sala delle Udienze sembra catturare tutte le luci della città, e restituirle con un abbaglio.
Ora, se pensate che tutto questo sia troppo, immaginate quando inizierà il film, e potrete gustarvelo in questa atmosfera.
In più, la Royal Film Commission ha proposto nel programma di quest'anno dei film molto audaci e di aperta critica verso le società arabe contemporanee.
Beauty and the dogs, per esempio, è un atto di denuncia alla corruzione e all'abuso di potere della polizia tunisina, attraverso la lenta ma audace resistenza di una ragazza che viene stuprata da alcuni agenti di pattuglia.
Kiss me not, invece, è un'esilarante commedia al limite del documentaristico che vuole testimoniare la progressiva scomparsa della "seduzione" dalla produzione cinematografica egiziana e far riflettere sull'irrigidimento morale di questa società.
Insomma, racconti pregnanti e necessari, fortemente stimolanti e anche un po' provocatori verso il pubblico medio, che servono a farci dialogare con presupposti culturali e risvolti postmoderni delle eredità storiche del '900.
Certo, questo è solo un punto di partenza e chissà, forse un modo per lanciare spunti di riflessione senza soluzione e tenerci in costante tensione - e attenzione - sul tema. Un po' come faceva Shahrazād, nel continuo rimandare il finale dei suoi racconti. Questa volta non per evitare la morte, ma per mantenerci impegnati e vigili in una visione critica del mondo che ci circonda.
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